Per la Valle Imagna vanno ricordate due famiglie di esattori, quella dei Pellegrini di Capizzone e l'altra dei Mazzoleni di Selino Alto. La prima ha prodotto, per quanto è dato ricordare oggi dagli ultimi discendenti, almeno quattro generazioni di esattori che, in epoche molto diverse, da Maria Antonietta d'Austria sino ai nostri anni '60, hanno solcato sentieri e mulattiere degli antichi villaggi della valle.
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Bonifacio Mazzoleni (1879-1933), invece, era espressione di una famiglia di possidenti di Selino Alto: suo padre, "quando d'inverno non si lavorava la campagna, mandava a turno i propri sette figli, per circa tre mesi, dalle Canossiane a Piazza Brembana". Così Bonifacio, il primo dei tre fratelli, si industriò nella professione di esattore, che imparò dal praticantato altrove, presso un lontano parente, mentre gli altri due si attivarono uno come collocatore in Valle Imagna (quando quassù c'era l'ufficio di collocamento), e l'altro ereditò dal padre l'antica professione di contadino. Tre delle quattro sorelle, invece, professarono i voti religiosi, facendosi suore. I più anziani ricordano ancora molto bene il Bòno (così lo chiamavano quassù) quando, col sò lanterni en mà (con la sua piccola lanterna in mano), accompagnato sempre dai fidi grossi cani "da guardia e da soma" (egli aveva infatti confezionato delle apposite sacche sulla loro groppa, per il trasporto dei registri di ruolo e documenti vari), percorreva, spesso di notte, le vecchie mulattiere della valle, nel viaggio di ritorno verso casa. Egli, infatti, anche se in periodi diversi, svolgeva il servizio, oltre che a Fuipiano, Rota, Brumano, Selino Alto e Selino Basso, anche a Brembilla, Blello e Gerosa (il villaggio di Corna rimase invece ai Pellegrini siano all'anno 1937, con Berbenno e la bassa valle), presso i cui paesi si recava con frequenza bimestrale per la riscossione delle rate dei ruoli e dove a volte, specialmente nei luoghi più distanti, si fermava anche più giorni. Ancora all'inizio del nostro secolo in molti villaggi la riscossione dei tributi avveniva in un esercizio pubblico, un'osteria per intenderci: qui l'esattore stabiliva la sua base e i contribuenti si sarebbero recati, a qualsiasi ora, da mattina a sera, per soddisfare il debito: chi, nella giornata stabilita per la riscossione era assente, lontano o impossibilitato, si sarebbe nei giorni a seguire recato di persona presso l'abitazione dell'esattore. L'onore e la forza della famiglia si misurava infatti anche sulla pronta solvibilità dell'importo dovuto all'esattore: era contro il costume e la morale larghà enturen de débecc (lasciare in giro, ossia insoluti, debiti). Ancorché non condiviso, il tributo andava soddisfatto, anche solo per fas mi ardà dri da la dét (per non farsi criticare dalla gente): inserito in quel contesto sociale, anche l'esattore, per non urtare l'onore della famiglia e la rispettiva suscettibilità, esitava dall'inviare avvisi di mora, che avrebbero certamente offeso il gruppo parentale: di conseguenza tali richiami venivano attentamente dosati e trasmessi solo nei pochi casi estremi e recidivi, cioè quando anche l'intervento diretto dell'esattore presso l'abitazione del contribuente non aveva prodotto gli effetti attesi. Dal matrimonio con Domenica Calvi di Lenna, il nostro Bòno ebbe sette figli, ai quali non mancò di trasmettere, con la dedizione al lavoro e alla famiglia, anche le necessità dello studio. Due dei tre figli (ossia Rocco e Tino) ereditarono la patente esattoriale del padre (Rocco a Brumano, Rota, Locatello, Fuipiano e Valsecca, mentre Tino per Corno, Gerosa, Blello e Sant'Omobono), mentre il terzo studiò e fece il perito meccanico. Delle quattro figlie, invece, due insegnati, una "esattrice" (che rilevò l'attività del padre nei primi anni successivi alla sua improvvisa scomparsa nel 1933, grazie all'esperienza che aveva accumulato nel settore, avendo ella aiutato e seguito il genitore nel lavoro) e l'ultima sarta. La signora Bonifacia Mazzoleni, che ci ha consegnato queste memorie, studiò da sarta e nel suo laboratorio di casa a Locatello, dove si trasferì per matrimonio, coltivò e diffuse questo mestiere, insegnandolo a molte giovani donne, provenienti anche da Corna e Fuipiano. Erano, quelle dei nostri villaggi, piccole ma sicure esattorie: le considerevoli difficoltà nei collegamenti e le relative quantità di denaro a ruolo erano problemi in qualche modo superati dalla certezza delle riscossioni; poche le azioni di "messa in mora" nei confronti di contribuenti inadempienti e rarissime le azioni di pignoramento: queste venivano quasi enfatizzate in curiose storielle (come quella del Péche di Fuipiano che voleva segare la colmégna del suo tetto di casa, per far restare sotto l'esattore che proprio li si doveva recare per un pignoramento) ed utilizzare quali esemplari ed efficaci moniti.
Da "Genti, contrade e soprannomi di Valle Imagna", Provincia di Bergamo, 1998, (nota a pagina 382)
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